Poveri ma Belli

Negli anni Cinquanta abbiamo vissuto una grande, emozionante e decisiva avventura: un popolo povero, affamato e arcaico, un popolo di contadini, di braccianti, di reduci si trasforma in una comunità evoluta di cittadini che non parlano più il dialetto, lavorano nell'industria, trascorrono le vacanze al mare, viaggiano in auto e guardano la TV.
Oppressi dal pesante clima della guerra fredda, tra cortei di bandiere rosse e processioni, tra gli anatemi di Pio XII e gli allettamenti di Togliatti, sopportiamo ogni fatica pur di cambiare, ma siamo anche pronti a goderci una corsa in Lambretta o in Seicento. La Chiesa domina sulle coscienze, il Partito comunista sulle intelligenze, ma almeno nessuno tocca la nostra libertà di fare e di pensare.
Risparmiamo fino all'osso, rivoltiamo il cappotto, vogliamo dire addio alla miseria e pretendiamo di godere finalmente dei benefici della pace e della democrazia. Grazie a un impulso profondo, a un desiderio invincibile di farla finita con la povertà, al coraggio senza limiti di lavorare fino all'esaurimento delle forze, alla convinzione che una vita migliore sia realmente possibile, tocchiamo il traguardo del benessere.
Sono gli anni del bikini proibito, del flipper e del rock'n'roll. La gioventù bruciata, che ha per idolo James Dean, fa dire ai genitori: «Ma dove andremo a finire?». Le passioni sono travolgenti e fra le tifoserie è guerra aperta: Fausto Coppi o Gino Bartali, Giampiero Boniperti o Benito Lorenzi, Gina Lollobrigida o Sophia Loren, Maria Callas o Renata Tebaldi? Il decennio che si apre con le celebrazioni dell'Anno santo si chiude con l'urlo gioioso di Domenico Modugno: Volare.
Quegli anni ormai lontani, memorabili per chi li ha vissuti, poveri di beni materiali ma belli per la speranza che portavano con loro, segnano l'inizio di un miracolo, dell'epopea collettiva di un popolo che modernizza il suo paese e lo mette al passo del ventesimo secolo.